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ANTONIO E SEBASTIAN (L’undicesima notte) - 2
di jeepster
15.01.2025 |
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"Se dici che Viola era molto più bella di te, mi rattrista molto sapere che non potrò mai ammirare la sua beltà»
«Le tue parole mi sono di grande conforto, ..."
Antonio si alzò, bagnò le stesse pezze con cui prima gli aveva asciugato il sudore, lo ripulì del seme sparso sul torace, spense la lampada a olio e tornò a distenderglisi accanto; tirò a sé la coperta per ricoprire entrambi.Non gli fu facile addormentarsi, tanti pensieri gli affollavano la mente.
Non riusciva a capacitarsi di come questo desiderio lo avesse portato a fare cose che mai avrebbe immaginato di fare, il solo pensiero lo avrebbe inorridito. Tuttavia non provava alcun senso di colpa, anzi, era contento di essere riuscito a regalare a quel ragazzo dei momenti di godimento, dopo la sventura capitatagli. Semmai l’unico rammarico era che, essendo questi incosciente, gli sembrava come se in qualche modo avesse approfittato di lui. Era pur vero, che al suo risveglio non avrebbe avuto alcun ricordo di quanto accaduto, e di certo egli non ne avrebbe fatto parola, quindi era come se non fosse successo niente.
Non così per lui. Anche se era mosso più dall’istinto che dalla ragione, era stato sempre ben cosciente, perciò d’ora in poi avrebbe dovuto fare i conti con quella parte di sé, che non sospettava minimante potesse far parte della sua natura. Sì, perché in tutto ciò che aveva fatto, aveva agito in modo spontaneo e naturale. Anche l’eccitazione ancora forte tra le sue gambe, ne era la dimostrazione lampante; tanto che gli sembrò inevitabile dover porci mano per calmarla. Mentre si masturbava, ripensò ai momenti appena vissuti.
Dopo l’orgasmo, finalmente riuscì a prendere sonno.
Fu ancora il chiarore del primo mattino che filtrava tra le tende della finestra a svegliare Antonio.
Il suo primo pensiero fu per il giovane uomo che gli stava accanto; sentì il suo respiro regolare; si voltò a guardalo sollevandosi un po’, appoggiandosi su un gomito.
Non poté fare a meno di notare l’evidente rigonfiamento all’altezza del suo pube.
“È di nuovo eccitato? – si chiese – questo è un buon segno. È quello che succede anche a me tutte le mattine”. Infatti volgendo lo sguardo verso il suo basso ventre, constatò che era così.
Infilò la mano sotto la coperta e accarezzò più volte il braccio di Sebastian, per vedere se si sarebbe potuto svegliare, ma così non fu. Allora la fece scivolare lungo il fianco e gli toccò il membro. Glielo tastò delicatamente con le dita, verificandone il pieno turgore. Il ragazzo continuava a non dare segno di svegliarsi.
In quel momento gli venne in mente di fare un’altra cosa che non aveva mai fatto.
Tirò via la coperta, lasciando libera e svettante l’asta del giovane, fece scorrere la pelle che ricopriva la punta violacea del suo organo; quindi dopo qualche attimo di esitazione, si avvicinò ad essa con la bocca e iniziò a leccargliela. Sentì quel leggero sapore salato del liquido che serve a far scorrere più agevolmente la pelle che ricopre il glande e a questo punto un lieve gemito uscì dalla bocca del ragazzo. Si arrestò immediatamente per vedere se questi era sul punto di destarsi; invece niente, continuava a dormire. Allora Antonio si fece coraggio e accolse nella sua bocca il sesso dell’altro; dapprima solo l’estremità, poi via via quasi la sua intera lunghezza.
Mentre se lo faceva scorrere dentro, muovendo la testa avanti e indietro, sentì un mugolio e poi un lieve gemito del ragazzo, che ebbe un sussulto, e subito dopo un fiotto di liquido caldo gli invase la bocca, ma lui non si staccò; anche perché gli si gelò il sangue, quando sentì una mano posarsi sulla sua testa. Restò immobile, con il membro del giovane ancora avvolto dalle sue labbra. Mentre inghiottiva il seme di lui, finalmente lo sentì pronunciare delle parole comprensibili: «Che meraviglia è mai questa? È così che vengono accolti coloro che arrivano nei Campi Elisi? Cos’è questa piacevolissima sensazione che mi ha fatto tornare in me? Mi trovo davvero nel giardino delle delizie che accoglie le anime dei virtuosi?»
Antonio sollevò la testa, e restando in ginocchio gli rispose: «Purtroppo no, mio caro ragazzo… il destino ha voluto che tu restassi ancora in questo mondo, ti ho raccolto sulla spiaggia ieri mattina, ed eri quasi sul punto d’iniziare quel viaggio che ti avrebbe portato nel luogo di cui parli»
«Sono ancora vivo, allora»
«È così. Giovane come sei, avrai ancora tanto tempo per gustare tutte le delizie che può riservarti questa vita, prima di godere di quelle dei Campi Elisi per tutta l’eternità»
«Se sono belle come quella che ho appena provato, sono ben contento che tu mi abbia salvato. Il mio nome è Sebastian, qual è il tuo, mio salvatore?»
«Il mio è Antonio. Questa è la mia umile dimora. Siamo in Illiria, a un’ora di cammino dalla città di Apollonia»
«Era diretta proprio là, la nave su cui sono naufragato»
«Ti ci accompagnerò appena avrai recuperato le tue forze»
«Ti ringrazio sin d’ora, ma dimmi: in questa Illiria non si fa più uso dei vestiti? Come mai siamo entrambi nudi? Che fine hanno fatto i miei abiti?»
«Hai ragione di chiederlo, Sebastian, ma non si tratta di un’usanza del posto. I tuoi erano tutti bagnati e li ho dovuti mettere ad asciugare, quanto a me, quella di dormire completamente nudo è un’abitudine che ho preso tanto tempo fa, quando ho navigato nei caldi mari del sud, e l’ho voluta mantenere. Questo è l’unico letto che c’è in questa casa. Però se la cosa ti mette a disagio, ti prometto che non accadrà più, ti chiedo scusa e vado subito a vestirmi»
«Neanche per sogno! Dopo quello che hai fatto per me, ci mancherebbe che a causa mia tu debba pure cambiare le tue abitudini. Non mi disturba per niente la tua nudità, anzi, il tuo fisico così virile e ben fatto, è degno di ammirazione, la stessa che si prova quando si contempla una statua dell’antica Grecia»
«Ti ringrazio per questo tuo bel complimento e devo dirti che anche le tue fattezze sono per me grande fonte di ammirazione»
«Bene, allora vuol dire che almeno tra di noi, potremo bandire ogni forma di pudore»
«Se ti fa piacere così, io sono pienamente d’accordo»
«Perdona la mia insistenza, ma avrei ancora una domanda da farti…»
«No – lo interruppe Antonio – Per ora basta parlare, sei ancora molto debole e far lavorare troppo la testa, vuol dire sottrarre forze anche al fisico. Devi riposare. Intanto io vado a riscaldarti un po’ di latte. Avremo tempo per tutte le domande che vorremo, le tue a me e le mie a te» e così dicendo, scese dal letto e iniziò a rivestirsi sotto lo sguardo attento del ragazzo, che aggiunse: «Va bene, questa è casa tua, sei tu a comandare, e io obbedirò volentieri». Antonio se ne andò in cucina.
In realtà l’uomo temeva che Sebastian gli chiedesse spiegazioni su cosa gli stesse facendo al momento del suo risveglio. Doveva trovare subito una risposta convincente.
Accese il fuoco, mise in un bricco il latte di capra della sera prima e lo posizionò nel camino. Si sedette a rimuginare per alcuni minuti, poi versò il latte caldo in una grossa tazza e ci aggiunse un bel po’ di miele; prese anche una galletta di riso, mise tutto in un vassoio e tornò nella camera da letto. Il giovane si era assopito di nuovo e perciò evitò di svegliarlo, si sedette a guardarlo, finché questi tossì e si svegliò.
«Bevi il latte, è ancora caldo» lo esortò indicandogli il vassoio che aveva poggiato su un piccolo sgabello vicino al letto. Sebastian non si mosse subito, poi provò a tirarsi su ma tossì di nuovo, stavolta più forte, e ricadde disteso.
«Te l’avevo detto che sei ancora troppo debole, aspetta, adesso ti aiuto io» disse Antonio mentre si sedeva sul fianco del letto. Lo fece appoggiare alla spalliera e gli porse la tazza di latte tenendola lui in mano. Anche stavolta Sebastian ci mise un po’ per bere tutto. Quando l’altro gli offrì un pezzo di galletta, il giovane fece di no con la testa. Allora lo staccò dalla spalliera e lo abbracciò forte a sé. In quel frangente, con un filo di voce, Sebastian disse: «Antonio, devo urinare».
«Ma certo! Resta così, torno tra un attimo» disse l’uomo mentre lesto andò in cucina a prendere una secchia di ferro. Tornò dal ragazzo, tirò via la coperta e lo fece sedere con le gambe divaricate fuori dal letto. Gli piazzò la secchia davanti, gli sedette accanto e lo cinse ai fianchi per sorreggerlo. Sebastian si aggrappò con un braccio alle spalle di Antonio, mentre con l’altro cercava di tenersi dritto mentre sporgeva in avanti il bacino.
«Sei pronto? Vai!» lo incoraggiò l’altro.
All’inizio lo schizzo andò leggermente fuori dal secchio; così l’uomo, con un gesto fulmineo, con due dita prese l’uccello del giovane per correggere la traiettoria. Alla fine glielo scrollò più volte, e fece scorrere avanti e indietro le due dita per far uscire anche le ultime gocce. Si guardarono negli occhi: sul volto del ragazzo un sorriso e uno sguardo colmo di gratitudine; negli occhi di Antonio una lacrima di commozione.
Senza dire niente, questi risistemò il giovane sul letto. Prima di uscire dalla stanza, si voltò a guardarlo con tenerezza.
Quel giorno Sebastian ebbe di nuovo la febbre alta; quando la sera Antonio gli portò del tè caldo con il latte, lo trovò in un bagno di sudore; la fronte sudata scottava e tutto il corpo gli tremava, come se sentisse un freddo tremendo. Lo svegliò per fargli bere la bevanda calda, poi lasciò che si assopisse di nuovo. Si spogliò e si distese al suo fianco; lo abbracciò per trasmettergli il calore del suo corpo; infine si addormentò anch’egli.
La mattina dopo il ragazzo stava meglio, appena Antonio si alzò dal letto lo sentì dire: «Buongiorno!»
«Buongiorno – rispose voltandosi di scatto, sorpreso dal fatto che fosse già sveglio – come ti senti?»
«Direi meglio, ma devo fare un altro bisogno, ehm… più concreto… forse hai capito»
«Sì, certo! Devi andare di corpo. Sei qui da tre giorni e non lo hai fatto ancora. Ma pensi di farcela a stare in piedi e a camminare?»
«Non lo so, ma ci posso provare»
«Dammi il tempo di accendere il fuoco e sono subito da te».
Dopo alcuni minuti tornò in camera e si diresse verso il ragazzo per aiutarlo a scendere dal letto. il primo tentativo non riuscì; il ragazzo ricadde subito a sedere sul letto.
«Mi dispiace – disse sconsolato – non ce la faccio»
«Ma no, riprova, vedrai che piano piano ce la farai, tanto ti reggo io»
Riprovò e solo dopo qualche altro tentativo riuscì a mettersi in piedi, ma riuscire a camminare era tutt’altra cosa. Infatti Antonio lo fece aggrappare a sé e tenendolo stretto ai fianchi, un po’ trascinandolo, un po’ facendogli muovere qualche passo, lo portò davanti a una specie di bugigattolo che dava sulla cucina. C’era un panno che pendeva all’entrata; serviva più che altro a nascondere il disordine che vi regnava dentro. Scostò quella che sarebbe dovuta essere una tenda e gli mostrò un secchio di ferro con dentro dell’acqua, alto all’incirca come uno sgabello, sopra vi era era poggiata una piccola tavola di legno; disse: «Ecco, puoi sederti là e fare con comodo, poi ci penso io a ripulire tutto. Invece tu, appena fatto, puoi pulirti con una di quelle pezze che tengo lì apposta. Io la faccio qui, quando fuori fa freddo, oppure quando piove, e lo svuoto dopo ogni volta che l’ho usato»
«Ma è un’invenzione prodigiosa! – esclamò Sebastian – a casa mia si fa in tutt’altro modo»
«Immagino! Me lo racconterai dopo, e magari prima ci saranno tante altre cose più importanti che avremo da raccontarci. Adesso ti aiuto a sederti»
Lo aiutò a posizionarsi su quella sorta di latrina domestica e poi uscendo dal ripostiglio, disse: «Ora ti porto qualcosa da metterti sulle spalle, non devi prendere freddo»
«Sì, grazie».
Tornò subito con una lunga mantella di lana e l’adagiò sulle spalle del giovane.
«Io sono qua fuori, metto a scaldare un po’ di latte, chiamami quando hai fatto».
Finito di evacuare, Sebastian chiamò l’amico, che lo aiutò a sedersi al tavolo della cucina, per fare colazione insieme.
«Allora, mio caro Sebastian – esordì Antonio – Da dove vieni? E come mai dovevi andare ad Apollonia?»
«Vengo da Messapìa, la città che si trova al di là di questo mare. Un carissimo amico di mio padre, lo aveva invitato da tempo ad andare ospite da lui, ma non avendo più la salute per affrontare un simile viaggio, ha rimandato sempre nella speranza di poter star meglio, invece è venuto a mancare da poco. Mia madre ha voluto mandare me e mia sorella Viola in sua vece, per portargli la notizia e il suo ultimo saluto»
«Ah! Così Viola è il nome di tua sorella?»
«Lo era, ahimè! Di certo sarà annegata dopo il naufragio del nostro veliero»
«Questo mi addolora molto, dev’essere una terribile perdita per te. Nei tuoi momenti di delirio dovuti alla febbre alta la invocavi spesso. Ho pensato che fosse la tua donna amata»
«Non eri lontano dal vero, lei è stata la donna che ho amato di più, insieme a mia madre. Invece non c’è mai stata nessuna altra donna al mio fianco; nonostante mio padre mi abbia incitato spesso a trovarne una con la quale poter dare un seguito alla nostra stirpe,
ma io ho sempre dedicato scarso impegno a questo compito»
«Ho capito… E com’era tua sorella?»
«La mia amatissima Viola mi somigliava molto, eravamo gemelli, ma la sua bellezza non era per niente paragonabile alla mia»
«Perché dici questo? Per quel che può contare il giudizio di un uomo verso un altro uomo, posso dire che anche tu sei un gran bel ragazzo. Se dici che Viola era molto più bella di te, mi rattrista molto sapere che non potrò mai ammirare la sua beltà»
«Le tue parole mi sono di grande conforto, ma ti confesso che stamattina, mentre tu dormivi ancora, ho pensato che forse era meglio se fossi morto anch’io nel naufragio. Dopo il grandissimo dolore per la recente perdita di mio padre, sento di non potercela fare ad affrontare anche la perdita di mia sorella».
Udito ciò, Antonio si alzò e andò ad abbracciare stretto Sebastian; dopo un po’ lo baciò sulla fronte e disse: «Sebastian carissimo, in questi ultimi giorni non ho fatto altro che ringraziare il cielo e il mare per averti portato qui; sappi che qualunque dolore tu dovrai affrontare, non sarai da solo a farlo, io ti sarò sempre vicino, se tu lo vorrai, e farò qualsiasi cosa per lenire il tuo strazio»
«Lo so, mio caro Antonio. Me lo hai già dimostrato con le tue cure amorevoli e la tua dedizione, se potrò, farò di tutto per ricambiare. Mi metto a tua completa disposizione e anche se non posso competere con la tua esperienza e la tua conoscenza della vita, sarò felice d’imparare, se tu vorrai insegnarmi…». S’interruppe brevemente, poi sorridendo maliziosamente, riprese: «Avrò molto da imparare. Ieri mattina mi hai fatto vedere che sai addirittura come far resuscitare i morti…» e a questo punto sbottò in una debole risata.
«Ho capito a cosa ti riferisci. Non so cosa dirti. Non l’avevo mai fatto. Ci ho ripensato tutto il giorno e non so spiegarmi come posso aver pensato di fare una cosa simile. Però quanto hai appena detto, forse potrebbe essere la spiegazione giusta»
«Perché? Cosa intendi?»
«In passato mi è capitato più volte che qualche donnaccia mi facesse quel servizio e quindi so benissimo che intensa e piacevolissima sensazione si prova. Chissà? Senza rendermene conto, avrò pensato che facendoti provare qualcosa del genere, avrei potuto causare il tuo risveglio»
«Già, è vero. Infatti il risultato è stato quello!» e a quel punto entrambi scoppiarono a ridere.
«Bene – riprese Antonio – adesso finisci la tua colazione, io esco a governare la capretta e poi ti accompagno di nuovo a letto. Hai ancora tanto bisogno di riposo»
«Va bene, sempre ai suoi ordini, Signore» concluse Sebastian con tono ironico.
Continua... (Il seguito è già disponibile sul mio profilo)
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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